Il PRI contro il fascismo

Dopo la marcia su Roma i repubblicani cercarono di favorire la formazione di movimenti che in qualche modo potessero rimediare alla rigidità e alla pesantezza degli schemi secondo i quali nel dopoguerra si erano mossi quasi tutti i partiti politici. Così, mentre Oliviero Zuccarini tentava di fare della sua rivista, La Critica Politica, il punto di aggregazione di tutte le forze autonomistiche, Randolfo Pacciardi fondava la associazione combattentistica Italia Libera, alla quale aderì la parte migliore e più decisa dell'antifascismo militante, da Carlo Rosselli a Ernesto Rossi, e che sarà una delle prime organizzazioni antifasciste a subire i rigori della linea dura lanciata da Mussolini con il discorso dei 3 gennaio 1925. In questi anni l'obiettivo dei Pri fu quello di unire attorno al tema delle libertà del Paese forze e settori che si richiamavano ai princìpi dei liberalismo. Ai repubblicani non sfuggiva, infatti, che la battaglia contro il fascismo poteva essere vinta solo se i partiti della democrazia fossero riusciti a ricuperare terreno presso quei settori della società - i combattenti e il ceto medio - che si erano lasciati attrarre dal fascismo anche a causa dell'ostinazione con cui i massimalisti avevano rifiutato la riconciliazione tra neutralisti e interventisti. Ma anche in questo caso lo sforzo dei repubblicani era uno sforzo disperato, che doveva fare i conti con un liberalismo nettamente conservatore, che aveva sì esaltato i valori della libertà ma, sottovalutando il dato istituzionale, si era chiuso nell'astrattezza, non aveva saputo allargare i propri orizzonti ad una concezione attiva e dinamica delle libertà, né era stato in grado di riconoscere il vincolo solidale che tutte le unisce, sia quelle economiche, sia quelle politiche. Questo spiega come mai solo alcuni settori, per altro marginali, dei liberalismo, trovarono la forza e la capacità di opporsi al fascismo, mentre altri, ben più consistenti, non solo votarono la fiducia al primo governo Mussolini, ma aderirono addirittura al listone fascista, in occasione delle elezioni dei 1924: quelle stesse elezioni che si svolsero in un clima di violenza tale da indurre il Pri a sospendere ogni attività di propaganda e che Giacomo Matteotti denuncerà nel suo ultimo discorso parlamentare, poco prima di essere ucciso proprio a causa di questa sua coraggiosa denuncia.